Cosa sono i sogni?

Passiamo un terzo della nostra vita dormendo, quindi i sogni devono servire a qualcosa di molto importante per la nostra vita. Anche se spesso al risveglio non li ricordiamo e puo’ sembrarci di non sognare da molto tempo, noi facciamo vari sogni ogni notte. Le persone che vengono svegliate in particolari fasi del sonno riferiscono quasi sempre di stare sognando (Bosinelli, Cicogna, 1991); se invece non vengono svegliate, al mattino solo poche volte ricordano di aver sognato. Le fasi del sonno in cui si sogna sono dette REM, da “Rapid Eyes Movements”, perché in questi periodi (che si ripetono ciclicamente 4 o 5 volte per notte), anche se non ce ne accorgiamo, muoviamo velocemente gli occhi sotto le palpebre perché l’attività del nostro cervello torna simile alla veglia e il nostro corpo si agita. Ma a cosa servono i sogni, e cosa rappresentano?

Studi di privazione specifica del sonno REM (Venturini, 1973) dimostrarono che i sogni servono a difendere la salute mentale e la capacità di attenzione e concentrazione, regolando il benessere psicofisico. I soggetti a cui veniva monitorato il sonno e impedito di sognare, pur avendo dormito si sentivano enormemente spossati e il loro pensiero si faceva sempre meno lucido, fino a sviluppare sindromi deliranti, nonché il rischio di collasso cardiocircolatorio e morte. Alcuni ricercatori hanno paragonato l’attività neuronale del sognare a quella di deframmentazione automatica del disco rigido di un computer: poiché quotidianamente siamo bombardati da miliardi di informazioni, il cervello opererebbe un filtraggio indispensabile ad organizzarle ed associarle nella memoria, a seconda della loro salienza per il nostro benessere, e stabilendo quali informazioni abbiano ulteriore bisogno di essere elaborate e confrontate con quelle già presenti in memoria per una corretta catalogazione. Ciò sembra essere confermato da studi recenti, che hanno scoperto che durante il sonno e precisamente mentre si sogna, i telomeri del DNA dei neuroni si attivano e vengono ricostruiti o riparati. I telomeri sono frammenti di nucleotidi che si trovano ai margini dei cromosomi, e che sono normalmente silenti, ma svolgono il particolare ruolo di protezione e ritrascrizione del DNA nucleare delle cellule in caso di stress, cambiamento o danneggiamento, regolando e programmando il loro invecchiamento. Le persone che dormono di più hanno telomeri più lunghi, sono perciò sia biologicamente “più giovani”, sia una maggiore attività di “ricostruzione” della memoria e dei ricordi durante i sogni. Questi sono dunque il risultato di un’attività fisiologica che si è evoluta e mantenuta poiché di importanza vitale sia per la salute che per la comprensione della vita.

Se sognare serve a comprendere il flusso del proprio vissuto esistenziale, forse varrebbe la pena concentrare di più l’attenzione sul contenuto dei nostri sogni, specialmente quelli che rimangono vivi al nostro risveglio. Dopo Sigmund Freud, Carl Gustav Jung rivoluzionò il concetto di sogno e fu un pioniere nella ricerca sul significato delle immagini oniriche. Scoprì che esse indicano lo stato della nostra psiche, indicando il potenziale esistenziale latente in ciascun individuo, e persino proponendo soluzioni creative ai problemi quotidiani. Tuttavia, come già Freud aveva indicato, ciò che del sogno interpretiamo dopo il risveglio potrebbe rappresentare solo il risultato finale dell’attività cosciente di “camuffamento” che avviene già durante il sonno, e il significato del sogno non corrisponde a ciò che poi da svegli pensiamo di esso. In primo luogo, perché il sogno ci parla attraverso il suo linguaggio, che è quello di una visione interna e soggettiva, il linguaggio della psiche fatto di archetipi e immagini simboliche. Non ha quindi senso tradurre letteralmente le immagini oniriche in diurne, mentre invece acquista gran rilievo il ri-vedere le immagini del sogno e il cercare di cogliere il loro significato simbolico immaginale. Ad esempio, se io ho sognato un gatto, domandarsi: che cos’e un gatto?, quali sono le sue caratteristiche universali?, quale parte di me puo’ essere rappresentata da un gatto?

Inoltre, dobbiamo sempre tener presente che ciò che è irrazionale, pericoloso o a noi inaccettabile non viene elaborato dalla nostra coscienza, ma viene “rimosso” nell’inconscio sottoforma di una memoria implicita e primitiva; quei contenuti dell’incoscio riemergono nel sogno, e in esso vengono rappresentati con scene e immagini universalmente riconosciute, che sono “accettabili” alla coscienza poiché di significato diverso. Per cui ad esempio la nostra rabbia, in un sogno, puo’ essere rappresentata da una tempesta che ci travolge o da un incendio che dobbiamo spegnere, oppure la nostra indecisione da un cane con due teste una opposta all’altra, e così via.

Secondo la psicologia junghiana, per comprendere quale sia il significato di un sogno occorre quindi interpretare i suoi contenuti e personaggi anzitutto in forma soggettiva, riferendo a sé stesso tutte le immagini, i luoghi e i personaggi del sogno, perché il sogno parla sempre del sognatore e della sua psiche. Questa è infatti formata di immagini archetipiche, cioè universali e primordiali, che fungono come da contenitore ai contenuti soggettivi della psiche del sognatore, ovvero funzionano come le maschere dei personaggi di una rappresentazione teatrale. Ad esempio, se io sogno mio padre, quel personaggio sono sempre io, o meglio una mia funzione intrapsichica, quella paterna, che nel sogno rappresenta l’archetipo del Pater e che perciò veste la maschera di un padre a me conosciuto, come mio padre (ma anche il padre di un conoscente).

James Hillman va oltre tutte le metodologie di interpretazione e propone che tutte le immagini oniriche siano immagini archetipiche, e che quindi vadano comprese come tali. Attraverso il metodo dell’amplificazione dell’immagine del sogno, già proposto da Jung, con la guida di un terapeuta esperto l’immagine onirica viene ricondotta alla sua origine archetipica mitologica: il racconto della storia del mito e della divinità attraverso cui l’immagine onirica si è formata nella nostra psiche rappresenta già il principale metodo di cura in psicoterapia. Lo psicologo archetipico, partendo da un’analisi junghiana, amplifica infatti le immagini e i personaggi centrali del sogno aggiungendo tutti significati etimologici e i sostrati storico-artistico-culturali, cioè tramite le immagini dei miti, delle fiabe, delle tradizioni, dei simboli, insomma della cultura dell’umanità intera, al fine di ricondurre le immagini individuali alla loro essenza collettiva. Si parte quindi dal presupposto che il sogno sia un linguaggio della psiche, e che non sia prodotto dall’io come il ragionare diurno, ma che si produca da sé nell’immaginare e nella mitopoiesi della psiche come funzione spontanea che ha vita propria al di fuori della coscienza. Il metodo dell’amplificazione ci conduce alla conoscenza dell’essenza delle immagini oniriche che Hillman definisce “enunciati ontologici intorno all’anima, su come essa esista in se stessa e per se stessa”. Se quindi Jung aveva capito che nella psiche ci sono tante immagini quanti personaggi soggettivi, Hillman ci ha insegnato come dialogare con essi come con ogni diversa parte della nostra personalità.

Vi sono alcuni sogni tipici, come quelli di cadere, di volare, di salire delle scale, di essere aggrediti, di essere nudi, di fare un’esame ecc. Esistono numerosi siti web e “dizionari” dei sogni dove si possono trovare i possibili significati. Tuttavia, proprio perché si tratta di immagini soggettive che in qualche modo sono state nascoste dalla coscienza e relegate all’immaginario archetipico della psiche, l’analisi dei propri sogni non puo’ mai essere così ovvia come da leggerla su un libro, ma si produce sempre specialmente nel qui e ora della seduta analitica. Per usare le parole di Marie-Louise von Franz, allieva di Jung, che durante la sua vita ha analizzato decine di migliaia di sogni: “Ecco perché sarebbe meglio non interpretare da soli i propri sogni. Di solito i sogni mirano ai nostri lati oscuri, non ci danno informazioni su ciò che già conosciamo, bensì su ciò che ignoriamo. Le persone che interpretano i loro stessi sogni tendono invece a pensare: ‘Si, lo so quello che vuol dire’. In questo modo proiettano nel sogno ciò che già sanno”. Interpretare i propri sogni è un compito difficile, e le interpretazioni già confezionate, prese a prestito dai manuali dei sogni, come “vuol dire che arriveranno dei soldi” o “non avrò quel lavoro”, sono tutte sciocchezze.

È vero che alcuni sogni sembrano subito comprensibili, mentre altri sembrano del tutto insensati o insignificanti. E’ quindi sorprendente osservare che alcuni di essi presentino un elemento simile o una cornice comune entro la quale il sogno si organizza. Ciò deriva dal fatto che ogni individuo condivide le stesse esperienze evolutive nel patrimonio genetico umano, una struttura attraverso la quale poi nella vita individuale ciascuno sviluppa esperienze uniche e le codifica soggettivamente. La psicologia analitica esamina le componenti strutturali del sogno, come l’introduzione e l’esposizione del problema, lo svolgersi dell’azione e la conclusione del sogno. Quando si tracciano i contorni di tale struttura, il flusso delle immagini e degli eventi del sogno che sembrava del tutto casuale comincia a ricomporsi nel sostrato archetipico a cui attinge. Nella riesposizione del sogno, si puo’ anche prestare particolare attenzione alle parole che vengono usate per descrivere i suoi elementi e personaggi: per esempio, un “viaggiatore” puo’ essere descritto anche come “cacciatore” oppure come “avventuriero” o ancora come “mendicante” o “animatore di fiere o villaggi”, dove ogni parola usata nel racconto rappresenta una diversa funzione psichica rappresentata e quindi invocata. In quest’ultimo esempio, l’aspetto “animatore” del personaggio viaggiatore puo’ quindi suggerire al sognatore di “animarsi”, di “attivare la propria anima e quella degli altri”, o qualcosa si analogo.

Vi sono sogni che invece di fornire una soluzione finale, verso la fine si dissolvono, o si interrompono. È il caso di molti incubi e sogni d’angoscia. Ciò significa che l’inconscio stesso non ha una soluzione da offrire, nonostante ci richiami urgentemente ad analizzare il problema. Il sogno puo’ collegarsi a qualcosa che è avvenuto il giorno precedente, un pensiero o un elemento rimasto in memoria, che ha funzionato come innesco e con il quale si puo’ trovare una connessione significativa. Si potrà allora concludere: “Ah, si riferisce a quel pensiero che mi è venuto ieri, o a quell’esperienza passata, e mi mostra che mi sono comportato nel modo giusto, o nel modo sbagliato”. Il sogno puo’ perciò venire a correggere un certo atteggiamento.

Ma i sogni non riflettono soltanto ciò che dobbiamo comprendere del nostro quotidiano. A volte essi appaiono come vere e proprie visioni mistiche il cui significato ci rimane oscuro. Sono i cosiddetti “sogni archetipici” o “sogni mana”, che hanno un significato mitologico e che rimandano ad esperienze ed eventi evolutivi di maggiore impatto sulla nostra storia, poiché si riferiscono al significato della nostra esistenza e appartengono all’inconscio collettivo. In ogni caso, i sogni servono a capire sé stessi ed indicano le motivazioni profonde della propria anima. Per questo la loro analisi costituisce un metodo fondamentale della psicologia del profondo per capire come vivere appieno il proprio destino e come realizzare le potenzialità presenti in ciascuno di noi.

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