Vittima del Giudice interiore.

Ti ritrovi spesso a criticare e non accettare? Sei troppo severo con te stesso e con gli altri? Pretendi standard elevati?

Forse sei vittima del tuo Super-Io, il Giudice interiore, che è troppo forte e inflazionato.

Cosa significa?

La psicologia analitica ha dimostrato che la nostra psiche non è un apparato singolo, ma è composta da MOLTE PARTI DIVERSE TRA LORO per funzione e qualità di energia che esprimono in diverse situazioni. Generalmente, ci sono quelle parti che formano la coscienza, ovvero tutto ciò che di noi stessi conosciamo e riconosciamo, e molte altre parti inconscie, ovvero non riconosciute o di cui siamo all’oscuro, ma che tuttavia agiscono in nostra vece nonostante noi nemmeno ce ne accorgiamo, se non rivedendo e valutando il nostro comportamento. Delle parti conscie, il Super-io è il nostro “giudice interiore” ed è l’unica parte che si origina completamente per l’introiezione di valori morali e regole dall’esterno. L’Io è piuttosto una funzione psichica della coscienza che, come suo centro, investe man mano di energia le varie parti della psiche a seconda dei vari immaginari psichici attivi in ciascun momento. Si ritrova, perciò, a svolgere il difficile compito di armonizzatore dei vari immaginari o parti psichiche, e a dover gestire i conflitti interni tra i giudizi e gli ordini sovraimposti dal Super-io sulle parti di sé inconsce, le pressioni provenienti da queste, e quelle dell’ambiente esterno e degli altri.

Secondo Freud, il Super-io si origina dall’interiorizzazione dei codici di condotta, dei divieti, degli schemi oppositivi di valore (bene/male, buono/cattivo, giusto/sbagliato ecc.) che il bambino assume dal rapporto con i genitori. Il Super-io è costituito da un insieme eterogeneo di modelli comportamentali, oltre che di divieti e comandi, e rappresenta UN IPOTETICO IDEALE verso cui il soggetto tende con il suo comportamento. Il bambino assimila come parte di sé qualcosa che è scandito dall’esterno, dalle “leggi” dettate dai genitori e anche dai comportamenti impliciti degli stessi.

Quando si parla di Super-io, il bambino andrà ad assimilare la severità, le proibizioni ma anche i valori morali esperiti (in modo diretto o indiretto) dai genitori. Il bambino farà propri quei codici di condotta, ma non in forma di concetti consapevolmente acquisiti o “consigli da seguire”, bensì sottoforma di un’entità inconsapevole che entrerà a far parte della propria struttura di personalità. Questa entità parlerà continuamente con noi, col nostro Io, ponendoci i suoi dubbi (“Sei sicuro che è la scelta giusta?”), imponendoci le sue regole (“Non puoi fare questo, è sbagliato”), dissuadendoci dal presunto errore (“Lo sai che devi comportarti bene, non devi peccare, non devi avere un comportamento dissoluto”). Esso giocherà perciò quotidianamente un ruolo importante nello scandire i nostri comportamenti, nello stabilire le nostre ambizioni, nel definire i nostri ruoli e nel fissare la nostra autocritica.

Quando il Super-io è predominante, l’Io si indebolisce e, appunto, dipende interamente dal Super-io. Ne consegue che l’Io diventa succube di un sistema normativo rigido, fatto di PRETESE E STANDARD ELEVATI. In una psiche sbilanciata e dominata da un Super-io ipertrofico, l’Io non riesce a soddisfare se stesso. Il motivo? L’Io non riesce nemmeno a riconoscere i bisogni leciti poiché naturalmente predisposti dalle altre parti della psiche, ne’ tantomeno a soddisfarli, per il semplice fatto che non è l’Io a giudicare la liceità dei suoi bisogni. Al contrario, è il suo Super-io che esercita la funzione del GIUDIZIO, che si manifesta in tutta la sua intransigenza e arroganza, condannando e somministrando sanzioni continue a se stesso e agli altri.

Quando l’Io è ben sviluppato, riesce invece a tenere a bada e mitigare le pressioni derivanti dal Super-io, così come le pulsioni provenienti dalle altre parti della psiche. Non solo, riesce anche a gestire i conflitti che arrivano dal mondo esterno. L’Io dovrebbe essere “il capitano della nave”, in grado di mantenere la rotta, cioè capace di muoversi nel mondo nella direzione atta al soddisfacimento dei propri bisogni, dei bisogni DI TUTTE LE PARTI della psiche. Per poter fare ciò, deve seguire un principio di realtà, cioè di accettazione delle ingiustizie della vita, degli eventuali ostacoli incontrati sul percorso, dei genitori che riteneva inaccettabili, dei propri limiti e di quelli imposti dagli altri, ecc. deve perciò RIDIMENSIONARE I PROPRI OBIETTIVI, “stare” all’ordine delle proprie possibilità reali e dei bisogni del momento.

In alcuni casi, chi ha sviluppato un Super-io particolarmente rigido, potrà vivere situazioni paradossali oscillando da un estremo all’altro e vivendo momenti di forte trasgressione. L’Io debole ubbidisce regolamente al suo Super-io, però per attenuare le tensioni legate agli eccessivi standard e ai divieti, per recuperare un minimo di autonomia e anche in risposta delle pulsioni delle altre parti della psiche, tenderà a ribellarsi periodicamente al Super-io. Questi momenti di ribellione danno vita a VISSUTI INTERIORI O COMPORTAMENTI PARADOSSALI che, in secondo momento, saranno ammoniti dalla stessa persona che li ha commessi: si ritroverà a dirsi “Sei un idiota!” “Hai sbagliato!” “Sei vergognosa!” ecc. Momenti di “trasgressione” che l’Io stesso, successivamente tornato sotto il pieno controllo del Super-Io, considererà forti mancanze e sinonimo di debolezze, ovvero ne resterà fortemente convinto. Nella dinamica conflittuale tra Super-Io e Io, certe volte, si esprime una sorta di dubbio che incarna il conflitto tra l’esigenza di obbedire all’Autorità, rappresentata dal Super-io, e il bisogno di trasgredire al divieto. Tale dinamica conflittuale rappresenta un grosso pericolo per l’Io, pertanto viene spesso negata e trasformata in dubbi esistenziali, problematiche ideative o altre questioni che generano vere e proprie elucubrazioni mentali o ruminazioni.

In pratica, il Super-io genera una ego-distonia. La persona percepisce una sofferenza rispetto a qualsiasi sintomo psicologico che allontana da un obiettivo o da un ideale di sé (“devo essere buono”, “devo essere sempre bravo a discapito di tutto”, “anche della mia stessa sofferenza”). Devo devo devo.

Come innescare un cambiamento? L’inversione di rotta può partire proprio da questo: la persona dovrebbe iniziare ad accettare qualsiasi emozione, qualsiasi sintomo di natura psicologica, a domandarsi sul loro significato profondo, fino a riconoscere e riappropriarsi dei propri comportamenti conflittuali come dovuti ai bisogni delle parti di sé in conflitto. In questo modo, con l’aiuto di uno psicoterapeuta, l’Io apprende a riconoscere le altre parti di sé, torna a includere l’”anima” e i suoi bisogni nei propri obiettivi, e inizia a non considerarli come un problema da combattere.

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