Cos’è l’inconscio, e come si manifesta?

Siamo convinti di conoscere tutto di noi stessi, ma la realtà è che non sappiamo chi siamo né il perché pensiamo o facciamo certe cose invece di altre. Crediamo di saperlo, o meglio, crediamo di essere “fatti cosi”, di credere in qualcosa, di avere certi obiettivi o “motivi” che adduciamo a giustificazione del nostro comportamento e del nostro modo di pensare. La verità è che molti fanno di tutto per non avere il coraggio di sapere chi sono veramente. Basterebbe già diventare più consapevoli del proprio “inconscio”, ovvero di ciò che siamo dentro di noi ma che sfugge alla nostra coscienza, per cambiare le sofferenze della nostra vita in positivo.

Il famoso neuroscienziato Vylayanur Ramachandran scrive oggi che un cervello umano adulto ospita circa 200 miliardi di cellule nervose, che sono collegate tra loro tramite centinaia di migliaia di miliardi di sinapsi. Ogni sinapsi elabora milioni di informazioni che generano innumerevoli stati mentali, in quanto decine di migliaia di neuroni possono collegare un singolo neurone alle altre cellule nervose, perciò mentre il numero di tutte le sinapsi nervose è già superiore a quello di stelle e pianeti conosciuti, la stima del numero di possibili stati mentali attivi ogni momento risulta superiore a quello di tutti gli atomi dell’universo.

Ciascuno di noi, nella sua mente, ospita un mondo infinito, grande come il cielo stellato e profondo come il mare, di cui noi possiamo solo vederne la superficie. Esso si manifesta quando meno ce lo aspettiamo e, assecondando o sopraffando la coscienza, da mare calmo puo’ cambiare in tempesta, e con la forza delle sue onde ci spinge, ci blocca, ci fa cadere o impazzire, ma con la sua infinita magìa e bellezza ci fa sognare, vedere e pensare con l’immaginazione, e decide ogni istante della nostra vita. Impazziremmo se fossimo consapevoli ogni momento di tutto ciò che succede nel mare, perciò la coscienza dell’uomo si è evoluta come il singolo lume di una lampadina accesa, che man mano puo’ illuminare solo una piccolissima parte delle profondità del nostro mare interiore.

Il concetto di inconscio si coniuga subito con il nome di Sigmund Freud, che per primo mise a punto la psicanalisi, un metodo scientifico per studiarlo. Freud si accorse che in tutti i cosiddetti “atti mancati”, ovvero nei lapsus e nelle dimenticanze come nella perdita involontaria di oggetti, c’è una “intenzione” nascosta che prende il sopravvento sul pensiero ordinario e sull’agire della coscienza, “facendo dire” cose che si vorrebbero dire ma che non potevano essere dette, “facendo dimenticare” cose che non si vorrebbero affrontare o ricordare, e “facendo perdere” oggetti che in qualche modo rappresentano qualcosa che non si vorrebbe più tenere. C’è quindi una forza, una “inconsapevole volontà” che ci guida da dentro noi stessi e puo’ opporsi al nostro dire, pensare e agire volontario. Questa forza incoscia emerge anche quando quella cosciente si spegne o si affievolisce, come nel sonno e nei sogni (di cui parleremo più avanti).

Il concetto di “inconscio” precede l’opera di Freud e risale già a Platone, che parlava di un sapere nascosto all’interno dell’anima umana, i cui dettagli però cadrebbero nell’oblio in conseguenza alla nascita, e l’unico modo che abbiamo per recuperarli è impegnarci nella loro “reminiscenza” nella vita. Per altri, invece, fu Plotino colui che per primo parlò dell’inconscio, descrivendolo come pensiero intellettivo-intuitivo, tipico del pensare fantastico o per immagini, e distinguendolo dal pensiero logico-discorsivo o razionale. Fu grazie ad alcuni filosofi tedeschi che si iniziò a capire che a spingere il mondo verso una finalità precisa e coerente era proprio l’inconscio ovvero tutto ciò che sfugge alla ragione (von Hartmann), e che l’inconscio è la modalità con cui viene creata ogni cosa del mondo (Liebniz) e che esso si cristallizza nella Natura e nelle sue forze (Schelling), nella cui inconscia “volontà di vivere” è il principio universale che ad essa da forma (Schopenhauer), e nella quale l’uomo esprime la sua inconscia “volontà di potenza” a principio di ogni sua azione e pensiero (Nietzsche). Freud fu però il primo a capire che l’inconscio non è semplicemente l’opposto di ciò che è conscio, ma costituisce il fondamento stesso della psiche, nonché “lo psichico reale” in cui una coscienza limitata si frappone a svolgere certe sue funzioni pratiche.

Ed è proprio con la “scoperta dell’inconscio” che nasce la psicoanalisi, il cui scopo principale è quello di portare l’inconscio alla coscienza. “Rendi cosciente l’inconscio altrimenti sarà lui a guidare la tua vita, e tu lo chiamerai Destino”, scrisse Carl Gustav Jung, allievo prediletto di Freud e successivamente suo “rivale”, al quale si deve il merito di aver riscritto un’idea di inconscio più estesa e unificata col sapere dell’antropologia, delle filosofie orientali e delle concezioni ermetiche della psiche. Prima di lui, Freud aveva proposto una topica della psiche, rimasta ormai classica, tripartita in 1) Es, l’insieme degli istinti, delle pulsioni, delle memorie dell’inconscio che sono state rimosse dalla coscienza, 2) Io, l’istanza che puo’ conoscere l’Es ed esegue le sue funzioni mentali, sede della consapevolezza, che si occupa delle difese come la rimozione di contenuti inconsci inaccettabili e la resistenza alla loro rievocazione, e 3) Super-Io, una sorta di giudice che auto-osserva l’Io, e oppone la sua coscienza morale e il suo ideale agli istinti e alle pulsioni dell’Es.

Jung va oltre Freud e coglie l’esistenza di due tipi di inconscio: uno “individuale”, che comprende tutte le acquisizioni dell’esperienza personale (cose dimenticate, rimosse, percepite, che rimangono al di sotto della soglia della coscienza), l’altro “collettivo”, i cui contenuti comprendono tutto ciò che la psiche ha ereditato durante la storia dell’umanità. Jung arriva ad interrogarsi sulla presenza di un’inconscio proprio di tutti gli individui, accorgendosi che i suoi pazienti, che non erano mai entrati in contatto gli uni con gli altri, presentavano “fantasie” simili tra loro ed equiparabili a quelle raccontate nelle favole e nei miti di ogni tempo e civiltà, e che si ritrovano nei sogni di ogni persona. Secondo Jung, l’inconscio collettivo si realizza, da una parte, dagli istinti, che sono modelli ereditari di comportamento che possono essere attivati da stimoli specifici e si trovano nella “radice biologica” dell’inconscio collettivo (il patrimonio genetico umano), e dall’altra, dagli archetipi, che sono esperienze esistenziali che hanno vissuto gli esseri umani nella storia dell’umanità, convertite nella memoria dell’inconscio in immagini, simboli ed azioni corrispondenti.

Gli archetipi dell’inconscio sono innumerevoli, ad esempio tanti quante possono essere le immagini dei nostri sogni. Ve ne sono tuttavia alcuni che hanno un forte valore sociale o personale, ad esempio: la Persona, la “maschera” che indossiamo nella realtà e che determina il nostro ruolo sociale; l’Ombra, la controparte incoscia della Persona, ovvero il rimosso di tutto ciò che di noi stessi non accettiamo e che ci nascondiamo alla coscienza (come un Ritratto di Dorian Gray) e che nei sogni viene spesso a inseguirci e perseguitarci sotto forma di “altri” cattivi o minacciosi, o di animali feroci; la Grande Madre, che rappresenta il femminile materno e viene tramandato e ad esempio attivato quando c’è la necessità di compensare esperienze infantili insufficienti o negative nel rapporto madre-figlio; il Fanciullo divino, che rappresenta simbolicamente lo sviluppo e la crescita ma anche l’impotenza ed il pericolo, e che si manifesta nei sogni come un bambino che vive mille difficoltà ma che, nonostante tutti gli ostacoli, riesce a difendersi e a continuare il suo percorso di individuazione; l’Anima (per l’uomo) e l’Animus (per la donna), la coppia archetipica che guida l’anima attraverso il processo di individuazione e culmina con la realizzazione del proprio Sé; il Vecchio Saggio, spesso sognato sotto forma di un anziano o un nonno con la barba e i capelli bianchi, che rappresenta una guida per l’acquisizione delle regole e del tempo giusti per la propria realizzazione; e il Sé, l’archetipo per eccellenza che si manifesta sotto forma di Dio, del Re dei re o di simboli che indicano l’unione e la totalità, il mandala dell’universo, al quale tende nell’inconscio la nostra realizzazione.

È attraverso le immagini archetipiche che nei sogni il nostro inconscio ci parla del significato di ciò che viviamo nella nostra vita: è l’inconscio il nostro “destino”, ovvero ciò che vuole essere realizzato e che noi possiamo scegliere di comprendere e “vedere”, oppure di continuare a vivere passivamente e a subire in una vita di superficie, restando in balìa degli eventi, delle nostre paure e del destino degli altri, come, nel mare, delle onde.

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